Il villaggio operaio di Ferdinando IV a
San Leucio

San Leucio, ambiente dello stabilimento serico voluto da Ferdinando IV
(foto
www.bta.it/txt/a0/03/bta00322.html)

La fabbrica di San Leucio, voluta da Ferdinando, contrariamente alle varie scuole del regno, che erano gestite con fondi speciali, e da casse private, questa beneficiava , dell’intervento economico diretto del sovrano.
Ferdinando aveva trovato questo luogo idoneo per la coltivazione dei gelsi.
Già sua madre, Maria Amalia di Sassonia, aveva voluto in quel luogo le colture di alberi di gelso e aveva anche fatto venire da Bologna, il seme per l’allevamento dei preziosi bachi.
Nel complesso del Belvedere avrebbero trovato posto, oltre all’appartamento reale, le abitazioni per i maestri della seta, una scuola normale, una sala per la filanda, incannatoio e filatoio ed altri locali per usi svariati.
A nord del corpo principale della fabbrica, vi erano gli alloggi per la corte reale; ad ovest erano collocate le cucine e nelle parti inferiori della struttura vi erano impianti per la produzione di vino e depositi per la produzione locale di olio, frutta, formaggi, e per le necessità alimentari della popolazione.
Ferdinando dotò il piccolo Borgo anche di leggi speciali, un nuovo codice fatto su misura per una popolazione, come quella della Colonia, in cui erano venuti a convivere, tutti esperti nell’arte della seta.
Naturalmente le radici di questo codice vanno ricercate, non solo nell’editto del 1769, con il quale il saggio Tanucci, aveva tracciato un programma di rinnovamento, nell’educazione del popolo, ma anche nell’idea di uguaglianza, che contrapponeva la persona del Re ai poteri feudali ed ecclesiastici, ed ancora il moderno trattato “Della Scienza della Legislazione”, del filosofo illuminato napoletano Filangieri.
Inoltre, pur notandosi in esso, l’ortodossia religiosa, il paternalismo, l’orgoglio dinastico, le profonde accese convinzioni di Ferdinando sul potere regale, il codice fu sicuramente compilato, non solo ad opera di un grande esperto come Domenico Caracciolo, ma principalmente dal cavaliere Antonio Panelli di Bitonto, modesto, silenzioso e sconosciuto scrittore meridionale. E comunque in esso, dopo la premessa e l’obbligo delle pratiche religiose, venivano enunciati i doveri dei componenti della colonia, che erano un misto di norme, di ordine morale, di diritto pubblico e privato, amministrativo e sociale (G.Tescione).
Gli abitanti del villaggio di San Leucio dovevano vestire tutti allo stesso modo, essere puliti, portare il lutto per non più di due mesi e semplicemente con una sciarpa nera per le donne e un bracciale anch’esso nero per gli uomini.
Il giorno della festa di San Leucio, si eleggevano cinque saggi, che insieme al parroco avevano l’incarico di sorvegliare l’andamento ed il rispetto delle leggi.
Ogni matrimonio della colonia di San Leucio, doveva essere preceduto da un fidanzamento nel giorno di Pentecoste, e con l’età di almeno 16 anni per la sposa e 20 per lo sposo. Le doti maritali, fatto questo rivoluzionario, erano proibite ed era il re che donava ad ogni nuovo nucleo familiare una casetta e due telai.

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